L'Inclusività nei GDR è una Bugia
Avete mai sentito il bisogno di specificare quali siano i pronomi dei PNG? Neanche io, oggi parliamo di Inclusività nel mondo dei GDR.
*CONTENT WARNING*: Il post che state per leggere è pensato appositamente per essere offensivo, più nello specifico la prima parte in cui parlo dei nerd è VOLUTAMENTE stupida e rappresenta il nulla argomentativo. Lo scopo dell’articolo (oltre a farvi arrabbiare) è quello di mettere in luce l’ipocrisia di fondo di pratiche di PR delle aziende come il rainbow washing. Il mio obiettivo non è attaccare o le minoranze, ma solo far notare l’incoerenza e la scorrettezza delle aziende che usano queste cause nel vano tentativo di aumentare le vendite. Buona lettura!
Il mondo Nerd è già inclusivo… solo che non lo sa
Che vi piaccia o meno se siete nerd siete già inclusivi, solo che non lo sapete. Parliamoci chiaro, noi nerd siamo un gruppo molto eterogeneo di persone accomunate da due cose: patetiche skill sociali e l’interesse morboso verso prodotti creati da altri nerd come noi.
Nel vano tentativo di vivere un’esistenza normale creiamo gruppi (online o nella vita vera) di gente “come noi” per sentirci meno soli. Considerando le nostre scarse doti sociali nei gruppi di nerd si può trovare la qualunque: persone con fisici molto lontani dagli standard socialmente accettati, persone affette da disabilità, persone appartenenti ad etnie, sessi, generi e gruppi sociali diversi. Non lo facciamo perché siamo migliori, lo facciamo perché se applicassimo un minimo di selezione all’ingresso ci ritroveremmo da soli.
Se sei un nerd sei già inclusivo, non hai scelta, solo i non-nerd possono permettersi di applicare inutili criteri di esclusione sociale per conservare l’appetibilità della loro persona o del loro gruppo. Tu nerd sfigato non te lo puoi permettere. Siamo diventati pop e grazie al web siamo sempre in contatto tra di noi ma questo non ha cambiato la situazione di base.
Perché le aziende ci parlano di Inclusività?
Essere esclusi a livello sociale è una forma di violenza, possiamo far finta che non sia così, ma questo è un dato di fatto. Ci piace pensare il contrario perché, come tutte le cose che non ci toccano direttamente, tendiamo a sottostimarle e sminuirle, ma credo che tutti quanti ci rendiamo conto di come ci sia una grossa differenza tra l’essere presi in giro per via del proprio orientamento sessuale e il non superare un colloquio di lavoro per lo stesso motivo. Non c’è voluto molto prima che, nei paesi del primo mondo, le élite culturali iniziassero a chiedere un cambiamento.
Ma cosa c’entrano le aziende in tutto questo? Facile, siamo nel primo mondo, per qualche assurdo motivo le persone non vogliono fare una ceppa per cambiare le cose ma vogliono comunque sentirsi parte di un cambiamento. Le aziende questa roba l’hanno capita e adesso quando compri un prodotto stai sempre sostenendo una causa. Tu non compri gli assorbenti, stai aiutando le donne di tutto il mondo a ribellarsi al patriarcato! Tu non compri biologico, stai salvando il pianeta!
Tu non sei un cliente! Tu sei un eroe! Benvenuti nel Ventunesimo Secolo, non abbiamo le macchine volanti ma quando compriamo vogliamo sentirci degli eroi.
Nel mondo dei GDR l’inclusività è inutile…
Un altro motivo per cui le aziende cercano di farvi “diventare degli eroi” è perché, nel momento in cui non possono più farsi concorrenza tra loro, buttarla sulle questioni di principio come l’inclusività è un ottimo modo per cercare di posizionarsi meglio nei confronti di voi futuri “eroi”.
Ci sono dei settori dove, essendoci pochi competitor ed un livello di qualità generale molto alto, una strategia del genere può portare qualche “eroe” in più ad un’azienda. Ci sono poi altri settori in cui i competitor più piccoli cercano di caricare di un forte “contenuto eroico” i loro prodotti per essere più appetibili. Poi c’è il mondo dei GDR.
Nei GDR esiste D&D e poi ci sono gli altri. Questo titano che trascina e sostenta l’intera industria dei GDR, creando ogni anno sempre nuovi “eroi”, è anche un paladino dell’inclusività. In D&D abbiamo: le sedie a rotelle, programmi in streaming con persone non etero e non binarie; eventi di beneficenza per l’aiuto ed il sostegno alle realtà più bisognose; figure dirigenziali di etnie, sessi e generi diversi; etc. Abbiamo quindi un leader di mercato che è già inclusivo, pensate sul serio che ci sia spazio per altri?
Ho un canale Telegram dove condivido news e risorse utili sul mondo dei GDR, facci un salto!
…eppure ci sono i fenomeni
In un ambiente del genere una persona sana di mente tirerebbe i remi in barca e cercherebbe di attirare clienti eroi puntando su altro. Sarebbe stupido cercare di differenziarsi per l’inclusività, giusto? Eppure Paizo ci prova lo stesso. Nei giochi Paizo si può scegliere anche il linguaggio dei segni! C’è una casella ad hoc per inserire i pronomi del proprio personaggio, e ci sono anche altre caselle per inserire la propria identità di genere e altre robe.
Questo rende Pathfinder o Starfinder giochi più inclusivi? No. La scheda del giocatore di questi due GDR è già incasinata, in che modo aggiungere altre caselle rende il prodotto più “inclusivo”? Chiedo per un amico.
Esistono poi dei GDR che basano tutto sulla la loro capacità di offrire uno spazio per narrare storie inclusive. Sto parlando di THIRSTY SWORD LESBIANS (TSL) un GDR in cui si può essere coinvolti in intrighi e drammi amorosi, il tutto vestendo i panni di un gruppo di avventurier* queer. Non lo trovate eccitante? Neanche io. Il target di questo gioco è talmente piccolo che penso lo abbiano giocato gli autori e i loro amici. Abbiamo un GDR di nicchia che si rivolge ad una nicchia di eroi che non ha la forza di essere giocato per più un paio di sessioni prima di essere abbandonato; sarà anche bello sedurre il cattivo di turno, ma lo posso fare anche in altri GDR, non mi serve TSL. State tranquilli però, al prossimo Pride Month rivedrete gli influencer che lo spingeranno perché è l’unico GDR di questo tipo ad essere famoso, nonostante l’esperienza di gioco proposta non sia tanto diversa da un qualsiasi Powered by the Apocalypse, solo chi gioca unicamente a D&D e ai suoi cloni può vedere questo GDR come qualcosa di innovativo.
Infine abbiamo i parassiti. Quest’ultima categoria è composta da tutti quei game designer o piccoli editori che nel mese del pride buttano fuori prodotti arcobaleno nel vano tentativo di vendere qualcosa. I peggiori di tutti sono quelli che creano semplici supplementi per giochi già famosi, i nomi dei loro prodotti sono robe tipo “Raccolta di PNG Queer per D&D 5E”. Personalmente trovo questo atteggiamento qualcosa di vomitevole. La rincorsa alla bandiera arcobaleno nel mese di giugno è già imbarazzante da vedere quando a farla sono aziende a cui non frega niente; ma vedere i creator che iniziano a lanciare prodotti ad hoc o a fare remarketing per il periodo del Pride è… disgustoso.
Basta usare battaglie sociali per vendere
L’unica inclusività realistica che si può avere nel mondo dei GDR riguarda la dislessia, la discalculia e altre patologie che inficiano la “canonica consultazione” di un manuale o il suo poterlo giocare. Ben venga la digitalizzazione, l’uso di audiolibri, il braille e qualsiasi innovazione possibile per rendere i vostri GDR più fruibili da parte di TUTTI i giocatori. Però basta con sta roba dell’inclusività, comprare un compendio di PNG Queer non aiuta a combattere l’omotransfobia, non rende il mondo un posto migliore e non vi rende parte di un cambiamento.
Se volete una società diversa, se volete un domani senza discriminazioni non è comprando oggetti che otterrete tutto questo. Impegnatevi in azioni ed iniziative di carattere politico e sociale. Uscite nel mondo reale, parlate alle persone e siate il cambiamento che volete portare nella società. Mettere i pronomi o sedie a rotelle in GDR orientati al combattimento (tipo D&D e Pathfinder) non sensibilizza le persone, fa solo aumentare il numero di pagine, la quantità di inchiostro utilizzato e, di conseguenza, il prezzo.
Una cosa inutile, a meno che l’aumento di prezzo o la ricerca di un particolare tipo di posizionamento non fosse il vostro obiettivo fin dall’inizio, in questo caso lasciate che vi dica una cosa: fate schifo, non siete dei game designer ma degli avvoltoi, i vostri non sono giochi ma escrementi.
Stavolta sono molto in disaccordo con le provocazioni che lanci. Questo mi sembra un classico caso di gettare il bambino con l’acqua sporca. Proverò ad argomentare come mai lo sostengo.
L’argomento che i giocatori di ruolo sono già dei nerd discriminati e, quindi, non possono discriminare a loro volta non sta in piedi, se non come provocazione. Da che mondo è mondo, la discriminazione è frastagliata e una persona ha in sé più identità; alcune di queste possono essere soggette a discriminazione, altre invece possono stare in cima alla collina che fa piovere discriminazione sugli altri.
È per questo che tutte le battaglie per i diritti civili moderne non hanno senso se non nella loro intersezionalità: vale a dire che noi che le conduciamo dobbiamo riconoscere che le discriminazioni riguardano tutti, non solo chi le subisce, e che si può contemporaneamente subire una discriminazione ed essere il perpretatore di un’altra. La lotta, quindi, è contro tutte le discriminazioni, assieme; non solo contro quelle che colpiscono noi.
Affermare che i problemi stanno altrove è solo una forma di benaltrismo. Si può tranquillamente fare una battaglia per i diritti delle persone queer *e* per una maggiore accessibilità alla lettura dei manuali. Non sono due cose che si contrappongono; proprio perché si tratta di battaglie intersezionali, dovrebbero andare a braccetto.
È vero che le grandi case stanno in qualche modo marketizzando queste battaglie, perché hanno capito che l’opinione pubblica si sta lentamente sensibilizzando a riguardo, ma questo non le rende battaglie meno giuste. Anzi, ci richiede una posizione di guardia ancora più attenta: sta a noi capire se la campagna di marketing di una determinata azienda è sincera o rientra semplicemente nel “rainbow washing” o nel “green washing” o in altri tipi di “captatio benevolentiae” del pubblico.
Infine, vorrei spiegare come mai è importante che ci siano rappresentazioni delle differenze nella società anche nei giochi di ruolo. In primo luogo, perché queste persone fanno parte della società, quindi è giusto che vengano rappresentate. In secondo luogo, perché includendole nei media dell’intrattenimento si contribuisce a far passare il messaggio che anche loro sono persone come le altre: insomma, si normalizza la diversità. In terzo luogo, perché chi appartiene a una minoranza marginalizzata ha bisogno di narrazioni positive che gli consentano di ricucire le ferite che la società infligge ogni giorni alle persone come lui.
Per tutte queste ragioni, non me la sento di sminuire i temi dell’inclusione, come mi sembra faccia questo articolo, e, invece, sostengo, che siamo chiamati a fare meglio e di più a riguardo.